La vita dellʼuomo merita di essere vissuta e la sua inalienabile dignità deve essere sempre difesa. Quindi è da combattere ogni forma di autoritarismo, terrorismo sia politico, culturale, psicologico e religioso, che non può esistere laʼ dove si afferma il valore della persona che è unica, originale, insostituibile ed irripetibile. In queste forme di autoritarismo culturale, vi sono impliciti giudizi di valore che sottintendono una particolare visione dellʼuomo e della vita che condizionano anche ogni tipo di pratica o intervento sia educativo, politico e sociale. Oggi, i nostri occhi guardano al futuro ed alla realtà circostante con sguardo opaco, si è smarrita la visione e la scoperta di significativi e di appelli nuovi. Lo sguardo sullʼunicità del presente è un mendicante stanco! Sembra che non si è più capaci di stare nel presente, che è la vera faccia di un autentico percorso di novità e di cambiamento. È da questa visione dellʼincessante divenire dellʼuomo che affondano le radici della libertà di decisione, la crescente coscienza di solidarietà, lʼobbligo di impegno per lo sviluppo e la responsabilità individuale. Le istituzioni assolvono davvero il loro compito se sono capaci di suscitare, nel tessuto politico, sociale e religioso, il rispetto, la comprensione e il profondo senso di umanità nei riguardi di chi guidano. Ed è ancora tale concezione della vita ad impegnare lʼuomo contro il culto del possesso, contro la cultura dellʼavere, in base al quale i pochi che possiedono molto manifestano un capovolgimento della gerarchia dei valori che impedisce a quelli che possiedono poco o nulla di realizzare la loro vocazione umana fondamentale, essendo privi dei beni indispensabili. Perché è proprio nellʼassolutizzazione di aspetti parziali dellʼesistenza e, conseguentemente, di sistemi di valori e di atteggiamenti umani, che nasce e prolifica quel senso di frustrazione e di fuga dal dolore, di disperazione che predispone al dis-impegno e favorisce una forma di fuga e deriva psicologica. Basti pensare alla crescente criminalità minorile e giovanile, alla diffusione di feste e festini che a larga gittata propongono droga e sesso: Violenze, abusi e stupri. Basti pensare agli omicidi di uomini che uccidono le donne e di donne che uccidono gli uomini. Una guerra dei sessi? O semplicemente una nuova disumanizzazione, o semplicemente la perdita del valore della vita e di ogni vita. Basti pensare alla violenza contro le cose e contro le persone, al massiccio tentativo di suicidi, alle bravate con cui si sfida la morte, alle forme eclatanti di protesta con i pregiudizi, e la discriminazione sessuale, al sottile e penetrante nichilismo. E che dire della fuga, dai caratteri religiosi, che caratterizza quanti lasciano le religioni storiche per cercare rifugio nelle sette, nei movimenti religiosi che prolificano in maniera impressionante con a capo fondatori con grosse turbe di personalità. Tutti questi fenomeni, appariscenti a livello sociologico ci segnalano il grande sgomento e la ricerca di una vita che abbia dei contenuti di senso. Ci dicono che viviamo uno stato di appiattimento e di anemia affettiva ed emozionale che sempre più prende il posto della psicopatologia. Un appiattimento che svuota la tensione di andare verso qualcuno o qualcosa e che impedisce lʼappello ad una vita fatta di cose semplici, autentiche, di incontri profondamente umani, di relazioni sincere, di gesto di accoglienza e di solidarietà. È comprensibile, allora, lʼanonimato e il sentirsi pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco, fatto di menzogne, di inganni e di avida corsa al potere. E ancor più comprensibile è la disperazione di chi, dinanzi alla fondamentale nullificazione e cosificazione prodotta dalla morte, sia essa fisica, che psichica o spirituale, si sente trascinato a rinchiudersi e ad esaurirsi nella finitudine che lo determina. La casa brucia ma nessuno spegne lʼincendio, ma tutti vogliono essere i primi della classe a voler saper spiegare le cause dellʼincendio,ma nessuno procura secchi per porre fine a questa maledetta voglia di potere, di comando, di fare soldi e carriera. Detto in soldoni la casa brucia, ma nessuno spegne lʼincendio. La società tutta, la politica e la chiesa sono presi da questo vortice malato, si è presi da una normalità che non ha nulla di normale, se non le caratteristiche di una normale patologia del vivere. La normale patologia del vivere ha creato mostri normali in tutti gli ambiti del potere: da quello politico, della magistratura, dal potere delle scuole, delle università, dal potere della chiesa e delle chiese, dal potere economico al potere allʼinterno delle famiglie, dei gruppi, al potere individuale. Fondamentalmente una patologia del vivere poco e del vivere la vita poco e farla vivere male.
La patologia del vivere – Parti di un ingranaggio gigantesco
La patologia del vivere – Parti di un ingranaggio gigantesco
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Biografia
Esercita la professione di psicoterapeuta prevalentemente presso il Centro Di Psicoterapia e Analisi Esistenziale di Acerra del quale è fondatore e Presidente e dal 1975 esercita l’attività con persone con problematiche Intellettive, relazionali e comunicative. Opera in ambito Individuale, di Coppia e di Gruppo. E’ autore, …