Assolutizzazione dei propri bisogni – Maturità umana incompiuta e incompleta

L’instabilità o carenza affettiva, l’analfabetismo corporeo ed emozionale,  sensazioni interne ed esterne ignorate, emozioni vietate, sentimenti repressi,  tendenze ed impulsi disapprovati, gusti ed attrazioni criticati, desideri e giudizi soffocati, criteri decisionali simpatie e stili relazionali occlusi, affetti e passioni fatti vivere come se fossero realtà e cose marziane, del tutto estranee allo sviluppo umano creano disorientamento e distorsioni nelle capacità relazionali e nel mondo soggettivo e percettivo del bambino.  

Tutte queste realtà, presenze interiori vissute nella famiglia d’origine creano difficoltà notevoli nelle future capacità  decisionali della persona, e quando i bisogni fondamentali non hanno ricevuto risposte adeguate alle esigenze del bambino si rischia che in età adulta si assolutizzano i bisogni di ieri, si diventa prigionieri di una struttura che ostacola il processo di maturazione umana e psicologica. In una realtà siffatta nasce e si instilla nel piccolo la percezione di non essere amato o di non sentirsi voluto bene abbastanza, un’insicurezza che mina la futura libertà dell’adulto di nascere al desiderio di amare, di dare affetto e di riceverlo, di volersi bene e di lasciarsi volere bene senza fusione e confusione e senza confondersi nell’altro, insicurezza affettiva che mina le fondamenta della persona. I bambini che hanno la percezione di non sentirsi amati mal sopportano di vivere la solitudine, di stare da soli e temono ogni scambio che presuppone intimità, vicinanza ed intensità affettiva.

Un modello educativo disfunzionale scarsamente accogliente ed inadeguato sotto il profilo affettivo mette a repentaglio anche l’identità e l’accettazione del proprio corpo, del proprio sesso, il senso positivo di sé, la capacità di relazione armonica e complementare con l’altro sesso, l’accoglienza della diversità dell’altro e l’apertura alla fecondità relazionale, comporta una vera dissociazione nella relazione con gli altri. Ci troviamo, quindi, dinanzi ad una vera e propria incompetenza educativa che non riesce a cogliere la verità del bambino, incapace di scrutarne il mondo interiore e di attestarsi su una formazione del cuore, delle emozioni e dei sentimenti.

Un processo educativo incapace di provocare il desiderio di conoscenza di se stessi ma che si attesta sull’esteriorità e sull’estemporaneità della ricerca di cose immediate e non di cose che riguardano la vita e la verità della vita. Da uno sguardo generale sui bisogni si può evincere che la privazione, o l’impossibilità di soddisfare un bisogno è percepito dalla persona come perdita di tutto. Nell’infanzia un accadimento e nutrimento affettivo inadeguati alimenta nel bambino distorsioni percettive e aspettative irrealistiche su se stesso ed aspetti manipolativi della realtà soggettiva.

Se la persona sente la privazione di un sentimento,  di un’emozione che vuole assolutamente portare a compimento e sente che lo vuole assolutamente soddisfare, la persona non avverte  tanto la mancanza di una sola realtà, ma si sente privata di tutto, ecco, perché ricorre al tentativo disperato di voler soddisfare bisogni che restano e resteranno insoddisfacibili e sarà proprio il sentire questa privazione, questa impossibilità che dalla persona sarà vissuta come negazione del bisogno, e dall’impossibilità di poter soddisfare nel presente il proprio bisogno che la persona produce l’inasprimento dei propri  bisogni affettivi ed emotivi. La persona sovverte il proprio mondo interno pur di dare azione al proprio bisogno che sente impellente.

In questa condizione la persona è capace di stravolgere e di manipolare la realtà pur di non sentire la privazione, vuole la soddisfazione immediata pur di risparmiarsi la fatica di riconoscere che quel bisogno nonostante tutti gli stratagemmi e tentativi messi in essere resterà comunque un vuoto tentativo, una speranza illusoria che invece di portare all’appagamento condurrà ad esasperare la logica dei bisogni. Il bisogno affettivo non soddisfatto verrà percepito dalla persona come la perdita di tutto e non come una parte mancante. Il fascino inebriante del tutto racchiuso in un bisogno porta la persona a piegarsi miseramente in se stessa, la persona vuole soddisfare la propria visione interna di un istante che sicuramente non appartiene al presente ma a bisogni del passato mai completamente compiuti e di una formazione mai portata al completamento, incompiuta e incompleta.

All’adulto in questione manca il proprio adeguamento al divenire anagrafico, continua a sentire come un bambino, a parlare da bambino, ad agire ed a sentire come quando era solo un bambino. Con una sola aggravante che è un adulto e di quel bambino non c’è più nulla, non restano nemmeno le ceneri ma soltanto il vuoto, e le mancanze di ieri, nell’adulto di oggi restano nella propria realtà interiore solo il vuoto disperato di ciò che avrebbe desiderato o voluto e che non ha ricevuto, restano ferite e mancanze, resta tanto dolore a cui può accedere attraverso un lavoro di centratura.

Il dolore non lo deve recuperare, è li dove è sempre stato e va solo toccato, nemmeno cercato, il dolore è li da sempre anche se il bambino per grazia e natura un tempo  l’ha dovuto accantonare. D’altronde il dolore per un bambino è una realtà troppo alta, mai, proprio essendo un bambino, vi avrebbe potuto accedere. Prima di accedere al proprio dolore, l’adulto è preso in ostaggio dai propri bisogni, decide di aderire alla logica dei bisogni, bisogni che per quanto cercati sono anche temuti. 

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Biografia

Esercita la professione di psicoterapeuta prevalentemente presso il Centro Di Psicoterapia e Analisi Esistenziale di Acerra del quale è fondatore e Presidente e dal 1975 esercita l’attività con persone con problematiche Intellettive, relazionali e comunicative. Opera in ambito Individuale, di Coppia e di Gruppo. E’ autore, …