Papa Francesco “ MAI PIÙʼ “ la chiesa e lʼabuso

La violenza sessuale non sarà mai nella testa e nel cuore di chi violenta o abusa o di chi ascolta passivo. Le conseguenze fisiche, emotive, affettive e sessuali saranno cicatrici impresse a fuoco sul corpo di chi ha dovuto subire. Se la violenza per una persona adulta è atroce, infernale, per un bambino essere abusato da un adulto è un abisso di morte. La chiesa minimizza ancora oggi tutto ciò. Ha messo a posto un poʼ di cose con il Motu proprio di Papa Francesco, ma non ha ancora capito il dolore dellʼabuso che è inferto ancora nel cuore di tanti adulti che, un tempo, erano solo dei bambini. La chiesa deve imparare ad amare e a prendersi cura dei suoi sacerdoti. Non può lasciarli da soli ed intervenire solo quando “cadono”, o sono in crisi, o quando commettono abusi sui minori. Ci sono molti sacerdoti che lamentano di essere lasciati a se stessi. Cʼè tanto sommerso ma come lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia per non vedere il pericolo, così la chiesa si blinda e continua a non voler vedere il dolore, non solo delle vittime, ma anche di tanti presbiteri abusatori. La chiesa deve prendersi cura, deve avere cura, e farsi cura di tutte le fragilità umane che ha al suo interno. Dovrebbe prestare maggiore attenzione nel periodo formativo alle vocazioni indotte da un discernimento ottuso e da una direzione manipolativa. Più il prete avanza negli anni e meno sarà disponibile a rivedere il suo percorso e non avendo alternativa continuerà a vivere nel pieno isolamento e nella piena ambiguità di vita. La chiesa non può girare la faccia da unʼaltra parte deve prendersi cura in toto e restituire vita a quei sacerdoti che nel tempo formativo sono stati mal guidati. La violenza sessuale è nella memoria corporea, emotiva, affettiva, sessuale di chi lʼha subita. È nel cuore, nella testa, nelle mani e negli occhi di chi lʼha subita. Noi mai comprenderemo fino in fondo un dramma dalle proporzioni immane. Il modo di come affrontiamo la violenza e gli abusi sui minori ci fa cogliere che a noi questa realtà ci fa tanta paura. Gli adulti la temono al punto che la stessa chiesa nel suo seno ha covato per anni abusatori di bambini. E la paura la si vede dalle reazioni che abbiamo davanti ad una violenza o dinanzi ad un abuso. La nostra mente è incapace di coglierne la portata. Vi sembra impensabile eppure cʼè, accade, e non è impensabile visto che è attuata, è realtà. Quando si parla di violenza sessuale o di abuso sessuale la nostra mente opera una sorta di operazione che non permette di cogliere il senso profondo della violenza subita. Nella mente comune si crea lʼimmagine che chi è stato violentato abbia avuto un rapporto sessuale che, per quanto non consenziente, è pur sempre un rapporto sessuale normale. Nellʼimmaginario collettivo si pensa ad un rapporto fisico normale, come aver fatto lʼamore, con la sola aggravante che la persona non ha espresso il proprio consenso. Ma così non è; è più tragico di quanto si creda! Infatti, anche quando le vittime raccontano cʼè il rischio che non si riesca a cogliere in profondità lʼabisso in cui si scivola. Anche le persone che più amano fanno fatica a cogliere lʼesperienza in toto. Interviene una sorta di rimozione, di allontanare da noi ciò che si sta ascoltando, ciò che ci turba, ci provoca fastidio, quasi una modalità inconscia di respingimento da noi di chi ci sta parlando di questa atroce e triste realtà. E ciò è talmente vero che lo si può comprendere dagli atteggiamenti, espressioni e comportamenti. E non sapendo cogliere le insondabili angosce di questo abisso esordiamo con facili e stupide frasi senza senso, e rivolgiamo alla vittima le nostre posture mentali: “non ci devi pensare”, “ è finita”, “ per quanto tempo ancora vuoi soffrire?”, “ cosa vuoi che sia, è capitato anche a me”. Per non dire il peggio che esprimono le persone più care dalle quali ti aspetteresti comprensione. “adesso, basta, lo devi superare, non puoi pensare sempre alla stessa cosa”. Ciò ci permette di cogliere che non solo la società civile giudica, condanna ed esprime giudizi duri in rapporto a chi subisce violenza, ma inconsciamente anche le persone più care, temendo la violenza, tendono con i loro comportamenti a far sì che la persona che ha subito violenza ne esca in modo veloce, così da chiudere questo capitolo quanto prima. In secondo piano resta inesistente tutto ciò che sente e prova la vittima di violenza. Chi ha subito una violenza si sente accerchiato da questi contesti relazionali, si sente quasi in debito di dover risolvere subito la faccenda. Sente che deve risolverla. Come se non avesse il diritto di elaborare, come se lʼelaborazione dovesse avere i tempi ed i ritmi delle persone che circondano la persona violentata. Forse sarà perché inconsciamente e collettivamente ci si senta in colpa di questa violenza, forse un poʼ tutti responsabili. Certo che la persona che ha subito una violenza subisce il giudizio moralistico ed impietoso della società perbene, ed anche la sollecitudine interna di chi gli è accanto di superare il trauma al più presto. Le persone care hanno questa inconscia fretta. In fondo sapere che qualcuno è stato violato nella propria intimità ci porta ad allontanare da noi la paura che possa accadere a chiunque. Nel nostro immaginario pensiamo che essere violentati è come fare lʼamore per come noi lo intendiamo con una sola aggravante che non cʼè il consenso. Così non è. E noi mai capiremo e mai sapremo cogliere davvero la morte interiore che vive chi ha subito una violenza. Pensate che nemmeno il dolore lo vuole sapere al punto tale che la sofferenza percepita, sentita nella propria carne resta muta. Se il dolore resta muto dinanzi ad una violenza o ad un abuso su un minore, a noi grandi, a noi esseri di una società civile ci conviene non parlare, di non esprimere facili e gratuiti giudizi. La violenza sessuale o un abuso sono esperienze di morte, le vittime si portano dentro gli occhi la morte. A noi il compito di metterci in ascolto del dolore muto.

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Biografia

Esercita la professione di psicoterapeuta prevalentemente presso il Centro Di Psicoterapia e Analisi Esistenziale di Acerra del quale è fondatore e Presidente e dal 1975 esercita l’attività con persone con problematiche Intellettive, relazionali e comunicative. Opera in ambito Individuale, di Coppia e di Gruppo. E’ autore, …