Mi preme presentare il testo della De Falco, appellandomi ad una citazione del filosofo Martin Buber, in quanto esprime in modo profondo, fin dalle prime battute il senso profondo di ciò che l’autrice ha impresso in questo piccolo gioiello edito dall’Edizione Domenicana Italiana: “Se ti opponi al fango, fango resta. Non serve lottare contro il male, poiché ciò non ti libererà dal fango e ti renderà dimentico di costruire ghirlande di fiori per il regno dei cieli”. Il testo che avete tra le mani non è un freddo resoconto, né un’ autobiografia, ma esperienza e riflessione, orientamento al futuro ed indagine senza sconto sul passato, il testo, inoltre offre al lettore attento un prodotto frutto di attenta e curata “Analisi” Esistenziale sia in termini formativi personali sia in termini espressamente Logoterapeutici, quale metodica intenzionale dei processi cosci ed inconsci dell’agire umano.
L’agile volume è il “caldo” declinarsi di vissuti emotivi, affettivi e relazionali, è il tracciato di vita del come l’autrice De Falco ha affrontato a testa alta il tema della solitudine, del dolore e del fallimento umano. Il felice volume fornisce spunti significativi sul senso della vita e sul senso del dolore che è insito in ogni esperienza di perdita. L’autrice al di là della propria esperienza di vita pone pressanti interrogativi che sorgono quando si riflette sul percorso dell’esistenza umana, esistenza che ci pone sempre interrogativi, ci mette davanti a nuove provocazioni, interrogazioni, punti di domanda e sollecitazioni interne ed esterne alle quali non possiamo abdicare, a noi resta solo il compito di sapervi rispondere ed aderirvi con apertura e coraggio, con libertà, responsabilità e dignità. La stessa dignità che trasuda in ogni pagina e riga che la De Falco, autrice accorta, con senso di pudore e quasi in punta di piedi, ci rende partecipi del suo modo di essere stata interpellata a partire dalla propria realtà corporea ed espressiva, dai propri bisogni e desideri. Un testo, dunque che si dispiega e si apre al lettore nella logica del desiderio di vivere e con l’imperativo di “imporsi a vivere”, sempre e nonostante tutto, la propria ed unica esistenza in un percorso di vita che è sempre unico, originale e insostituibile.
L’autrice dona al lettore, con grazia, il proprio cambiamento di atteggiamento verso la propria storia, dona il cambiamento avvenuto verso la propria esistenza attraverso la scrittura che l’ha resa oltremodo connessa a nuovi orizzonti e prospettive di senso. Un aspetto fondamentale del suo percorso l’ha condotta a proporsi ai lettori con stile raffinato ed inconfondibile e con una scrittura graffiante ma elegante. Chi ha masticato la vita, chi dalla vita si è sentito mangiato, chi del dolore si è sentito vittima scoprirà che in fondo è sempre possibile assumere e prendere su di sè un atteggiamento maturo dinanzi alla propria storia ed intenzionalmente decidersi di non lasciarsi mettere in ginocchio, di non piegarsi dinanzi al proprio destino., né tanto meno dinanzi ad esperienze immodificabili. Chi nell’esperienza del dolore, chi a contatto con il proprio dolore non si è sentito una palla impazzita, preso in giro dal destino è capace di innalzarsi e di trascendere se stesso, di assumere una posizione libera e non si lascia piegare, né vi si assoggetta miseramente, va al di là dei condizionamenti fisiologici, psicologici, e sociologici.
Masticare il dolore vuol dire elaborare i lutti ed integrarli nel proprio quotidiano, vuol dire che si ha avuto il coraggio di contattare il dolore e di non mettersi in fuga e di non adagiarsi sulle dune di una vita all’insegna della provvisorietà. E ciò vuol dire sentirsi libero e disposto ad interpellare se stessi senza infingimenti, di saper ascoltare l’aspetto doloro della vita e di sapersi destreggiare con il dolore inevitabile che è parte costitutivo dell’esperienza umana senza atteggiamenti fatalistici, né vittimistici, vuol dire uscire da ogni forma di vita compiacente per essere veramente liberi da ogni forma di onnipotenza o di illusione di potenza. Dal testo si evince anche tutta un’attività, il distillato di un percorso umano che la De Falco ha seguito per orientarsi e chiarire aspetti cognitivi ed esperienziali del proprio vissuto, percorso orientato a fare luce e chiarezza per illuminare il passato, per aprirsi alle novità del futuro.
Il lavoro intrapreso, nella sua bellezza dolorosa le ha permesso di favorire l’indispensabile ed insostituibile lavoro sull’elaborazione di vissuti non integrati e di mettere a fuoco le strategie di fuga dal dolore. Il testo della De falco è un testo vincente, nel senso di chi ha vinto una battaglia con se stessa, e sicuramente la vincerà anche con il lettore paziente ed attento. Una vincente che ha reso possibile il cambiamento sperato per potersi appropriare di una nuova qualità di vita e di superare l’atteggiamento difensivo e di fuga dal dolore. Un invito, quindi a non mollare ed a non lasciarsi passivamente masticare dalla vita, ma ad entrare davvero in un’esperienza di sminuzzamento della propria esperienza di vita per poter trasfigurare il dolore nella pienezza di vita diventando un dono per gli altri, un farsi dono nella piena gratitudine alla vita, che in fondo ci dona sempre tanto in pienezza e generosità.
E la qualità della vita, ci ricorda l’autrice, cambia nel momento in cui l’uomo decide di cambiare ed i cambiamenti sono concreti se impariamo a superare i nostri consolidati e reiterati atteggiamenti difensivi appresi nella nostra infanzia, atteggiamenti che abbiamo strutturato quando eravamo solo dei bambini. Solo chi ha imparato, come a ragione suggerisce la de Falco, a cogliere il significato del dolore si sente più proteso a vivere piuttosto che orientato a stare male. Mi sembra di cogliere che il punto centrale del testo, presentato nella collana di Psicologia di De Falco, per quanto si collochi sul piano strettamente esperienziale verta sul cambiamento e sulla capacità decisionale.
Verte sul cambiamento di atteggiamento verso la propria esistenza, realizzato masticando il dolore non integrato e verificare che l’aspetto doloroso della vita è tollerabile, e che ciò che non uccide rende più forti, e ciò costituisce un aspetto fondamentale e non trascurabile di questo piccolo gioiello nel campo della biblioterapia. E per dirla con lo psichiatra viennese, padre e fondatore V.E.Frankl della Logoterapia che “la felicità è una farfalla che si posa sulla tua spalla quando hai smesso di rincorrerla”. Ed in ciò il condensato espresso dal testo: che il compito nella vita si possa riassumere nell’interminabile ricerca della verità sia psicologicamente che spiritualmente, nella fede in un nuovo modo di essere e di amare ed in una nuova visione delle cose e della vita.
Concludo con l’affermazione di Stephen Levine: “Nulla, scrive, è più naturale e terapeutico del dolore, ma se il dolore rimane inascoltato disturberà il sonno e infesterà i sogni, trasformerà le relazioni umane in un luogo dove nascondersi anziché aprirsi. Il dolore inascoltato ci impedirà di amare, di crescere in saggezza e verità”. Il dolore inascoltato rinforza la parte peggiore di noi stessi, ci rende violenti, inasprendo la nostra visione delle cose. Meno facciamo pace con il nostro umano dolore, più faremo guerra agli altri, più ci allontaneremo dal nostro dolore più ci allontaneremo dal dolore degli altri, più abbandoneremo gli altri al proprio dolore, senza ricorrere alla compassione, più saremo partecipi della costruzione di una società distaccata e narcisistica”. Grazie, Concetta per questo dono di vita! Con la speranza che la tua esperienza sia opportunità e buona occasione per i lettori e per tutti coloro che avranno la gioia di incontrati per ascoltare la voce del cuore, per espanderci in autentici spazi di felicità senza infingimenti, compromessi e travestimenti dell’anima.